La finanza Islamica – Capitolo 1

UNA PANORAMICA SULL’INDUSTRIA DELLA FINANZA ISLAMICA

Sebbene quest’opera non abbia come obiettivo lo studio dei fondamenti religiosi sui quali poggiano gli strumenti finanziari islamici, è tuttavia indispensabile accennare qui ad alcune importanti peculiarità del diritto musulmano.
Questo consentirà di comprendere meglio i fondamenti della finanza islamica che si traducono, nella pratica, in cinque principi essenziali che hanno accompagnato la crescita dell’industria fin dalla sua origine. L’attuazione di questi principi ha consentito lo sviluppo degli strumenti specifici messi in campo dalle istituzioni finanziarie islamiche.

LE FONTI DELLA FINANZA ISLAMICA
L’Islam si fonda su un vasto corpus di regole, la Shari`a, destinato a inquadrare tutti gli aspetti della vita degli uomini, ivi compresi quelli che riguardano l’economia e la finanza.
Sul piano giuridico, la dottrina musulmana poggia su una gerarchia di testi e di fonti che alimentano la giurisprudenza islamica. Queste fonti, che costituiscono l’origine del diritto musulmano, una partizione di regole che stabiliscono ciò che è permesso e ciò che non lo è, sono anche l’origine dei fondamenti della finanza islamica, la quale ha il dovere di rispettare i precetti religiosi.
Il Corano e la Sunna costituiscono le basi essenziali del diritto musulmano, sempre aperto a interpretazioni e sviluppi attraverso l’Ijtihad.

IL CORANO
Libro santo dell’Islam, il Corano si pone al vertice del diritto musulmano, e ne costituisce la base giuridica e la sua prima fonte, senza alcuna possibilità di dubbio, cambiamento, modifica o scelta.

LA SUNNA
Il diritto musulmano si sostiene in seconda battuta sulla Sunna che riunisce l’insieme degli insegnamenti trasmessi dal profeta Maometto attraverso le sue parole, le sue espressioni, i suoi atti e la sua tacita approvazione. Questi insegnamenti sono stati raccolti e tramandati al fine di costituire, fin dall’inizio, un’importante fonte per la produzione di testi e di regole.

L’ IJTIHAD
Accanto al Corano e alla Sunna, 1′ ljtihad ha un ruolo centrale nell’elaborazione del diritto musulmano. Esso rappresenta lo sforzo di riflessione personale dei giuristi, volto a fornire soluzioni ai problemi che si presentano ai musulmani. L’evoluzione incessante della società pone nuove problematiche non necessariamente trattate in modo esplicito nei testi sacri dell’Islam. L’./jtihad si appoggia sui principi generali dell’Islam per promulgare regole in risposta a queste pressanti questioni. Praticato generalmente dai giuristi (muftt o dai sapienti (mujtahid), si esercita attraverso l’ Ijma, il Qi\fts, l’ Istihsan, la Maslaha e 1′ Urf [Iqbal, Mirakhor, 2007].’
L’Ijma traduce il consenso generale dei teologi musulmani, tra gli specialisti, su un determinato argomento. Nella pratica assume valore di prova qualora nessun elemento del Corano o della Sunna permetta di sentenziare su un caso. Ovviamente nessuna regola stabilita secondo questo procedimento può contraddire né il Corano né la Sunna.
Il Qiyas è l’argomentazione per analogia usata dai giuristi musulmani che consente di applicare a un fatto attuale la regola giuridica ricavata dalle tre fonti primarie inerente a un evento del passato che presenta analogie con il fatto preso in esame.
L’Istihsan è la preferenza che un giurista musulmano può esprimere tra diverse soluzioni individuate. Questa preferenza può esercitarsi anche in mancanza di un’argomentazione esplicita a favore dell’una o dell’altra alternativa.
La Maslaha mira a promuovere la pubblica utilità al momento della promulgazione delle norme, il tutto avendo cura di non arrecare danno all’interesse generale.
L’ Urf fa riferimento ai costumi dominanti in una determinata comunità.
Nel tempo, sono emerse diverse scuole di pensiero per esprimere approcci e metodi che possono divergere anche riguardo a una sola interpretazione. Ne esistono diverse nell’Islam sull’esempio delle scuole Hanafi, Màliki. Silfi ‘i, Hanbali o Ja’farì.
Le eventuali divergenze tra queste scuole sono essenzialmente dovute al peso attribuito da ciascuna di esse alle diverse fonti del diritto musulmano. Per esempio, l’argomentazione per analogia (Qiyas) non è accettata dalla scuola fa fari- come fonte primaria del diritto musulmano. In compenso, questa scuola, nella maggior parte dei casi, dà più peso all’Ijtihcad nella ricerca di risposte appropriate ai problemi attuali.

I PRINCIPI DELLA FINANZA ISLAMICA
L’Islam, proprio come la filosofia liberale, incoraggia lo spirito imprenditoriale e il commercio, autorizza il rischio e approva il profitto [Jouini, Pastré, 2008]. La specificità sta nel fatto che, nella sua definizione di razionalità economica, l’Islam prende in considerazione il concetto più ampio di interesse generale. Ne consegue che la finanza islamica moderna è retta da un insieme di regole applicabili alle relazioni economiche e commerciali che i teorici raggruppano in cinque principi fondamentali:

LA PROIBIZIONE DELL’USURA
La proibizione dell’usura (riba) si traduce spesso nel divieto all’applicazione dell’interesse. Così, la gran parte degli intellettuali musulmani non fa alcuna distinzione tra l’usura e l’interesse, essendo entrambi il frutto del trascorrere del tempo e non del rendimento di un progetto sottostante. Questa è la ragione per cui essi sono proibiti e considerati potenziali fonti di una cattiva allocazione di risorse a livello sociale.

LA CONDIVISIONE DEI PROFITTI E DELLE PERDITE
Se la pratica dell’interesse è proibita, non lo è il prestito in sé. Tuttavia ogni remunerazione del prestatore deve essere determinata in funzione dei risultati del progetto finanziato. Tale principio implica l’equa condivisione del rischio economico tra chi eroga i fondi e chi li utilizza. Per una banca islamica ciò significa che i depositari, la banca e i mutuatari devono condividere tutti i rischi e gli utili dei progetti finanziati con i depositi che si attengono a questo principio.

LA PROIBIZIONE DELL’INCERTEZZA E DELLA SPECULAZIONE
L’assunzione del rischio non è proibita nell’Islam, al contrario, è anche incoraggiata essendo, in assenza di tassi d’interesse, la sola fonte riconosciuta di redditività. Tuttavia l’incertezza (maysir) o l’asimmetria sono contrattualmente proibite in quanto potrebbero sfociare nella speculazione (gharar). inoltre proibito acquistare o vendere un bene il cui prezzo o le cui caratteristiche fossero definiti a posteriori. È per questo che i contratti d’assicurazione tradizionali e i prodotti derivati, ad esempio, sono considerati non conformi ai principi della finanza islamica.

L’ APPOGGIARSI SU UN ATTIVO TANGIBILE
Il denaro, strumento che concorre a creare valore e a facilitare gli scambi, non può costituire in sé un oggetto di scambio.
Il ruolo attribuito al denaro nell’Islam è ben esplicitato. L’idea di fondo è che esso non ha alcuna utilità intrinseca. Iqbal e Mirakhor [2007], per esempio, ricordano che il denaro non è che un capitale potenziale che diventerà effettivo solo dopo essere stato associato a un’altra risorsa — nello specifico il lavoro e lo sforzo — al fine di intraprendere un’attività produttiva. Esso rappresenta solo uno strumento di scambio, senza esserne l’oggetto in sé. Non può dunque assolvere quel ruolo di trasferimento intertemporale di valore che gli è riconosciuto nelle economie occidentali. L’interdizione al commercio di denaro esclude di conseguenza ogni profitto tenuto da una transazione puramente finanziaria.
Quindi, ogni operazione finanziaria necessita di appoggiarsi su un attivo tangibile. Si ha così una garanzia dell’esistenza di un bene reale e chiaramente identificato che funga da og-getto della transazione, e infine ne garantisca la tracciabilità.

LA PROIBIZIONE DI ALCUNE ATTIVITÀ E PRODOTTI
La finanza islamica obbedisce non soltanto alla proibizione dell’interesse e di ogni speculazione, ma anche a un obbligo di responsabilità sociale. Pertanto, qualunque sia la forma assunta dalle modalità di finanziamento, certi settori imprenditoriali, riprensibili dal punto di vista etico e religioso, sono esclusi. È il caso dei giochi d’azzardo, del tabacco, dell’alcol, dell’allevamento suino, dell’armamento o della pornografia.

 


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