Divieto di Gharar

Un secondo principio chiave riconducibile alla Legge islamica è quello che sancisce il divieto di gharar.

In un rapporto commerciale di scambio con questo termine si intende, in maniera generica, un elemento di mancata informazione di una o entrambe le parti. Tale mancanza puó essere causata dal nascondere parte dell’informazione da parte di uno dei due contraenti circa le effettive caratteristiche del bene scambiato o del servizio fornito, ma puó anche derivare dalla natura intrinseca del contratto. Il primo caso è riconducibile alla fattispecie delle asimmetrie informative, in cui i due contraenti possiedono diverse percezioni dello stesso bene, derivanti dal fatto che una parte non fornisce informazioni rilevanti sull’oggetto del contratto (Famoso l’esempio del venditore di auto usate, il quale è pronto ad esaltare le caratteristiche positive della vettura che propone e cerca di nasconderne i difetti, per spuntare un prezzo migliore). Questo conduce alla determinazione di un prezzo sconveniente per uno dei contraenti, ed un profitto ingiustificato per l’altro.

La Legge islamica, ed in questo caso anche la buona prassi commerciale, impone che tutte le parti coinvolte nel contratto abbiano perfetta conoscenza del controvalore del bene oggetto della transazione. Lo scambio deve essere equo sotto tutti i punti di vista, non deve procurare ingiustificati margini a nessuna delle parti contraenti, perchè questo significherebbe sottrarre impropriamente ad un altro contraente parte del valore che invece gli spetterebbe. Sotto questa opzione puó rientrare anche l’attività speculativa . È interessante notare come l’attività speculativa sia proibita dalla Legge islamica ma tollerata dalla prassi finanziaria convenzionale, che, qualora non implichi attività illecite (come ad esempio l’insider trading) la vede come una funzione di “pulizia” del mercato.

Operare sul mercato in cerca di elevati profitti in corrispondenza di bassi rischi è proibito in quanto intrinseco sfruttamento di informazioni di cui altri non sono in quel momento in possesso.

La seconda tipologia di gharar si riconduce alla fattispecie tipica del gioco d’azzardo, nel quale il risultato della transazione non può essere determinato in anticipo con certezza, essendo dipendente in maniera predominante dal caso. La scommessa è un contratto aleatorio. Nel gioco d’azzardo la singola transizione (giocata) può portare solo ad una vincita od ad una perdita, il che rende questo contratto aleatorio tra due parti, per entrambi in maniera alternata. Tale attività è espressamente proibita dal Corano, in quanto simbolo di ricerca di facili ed ingiustificati guadagni. Il gioco prolungato, secondo alcune interpretazioni, può essere invece ricondotto ad un risultato economico predeterminabile in via statistica con un elevato grado di certezza. Inutile dire che questo tipo di attività comporti perdite certe per il giocatore e vincite altrettanto certe per il banco.

Nella realtà operativa spesso si distingue tra gharar fahish (incertezza eccessiva), che vizia la transizione, gharar yasir (di minore entità), che può essere tollerata, e gharar mutawassit (moderata), che sta tra le due altre categorie. Ogni transizione può essere dichiarata proibilta a causa di un eccessiva gharar.

Non è da confondere il termine gharar con il termine rischio inteso in senso economico, derivante dall’incertezza circa il ritorno della normale attività imprenditoriale. L’assunzione di tale rischio non è solo permessa dalla Legge islamica, ma altresí incoraggiata, in quanto elemento inprescindibile verso la creazione di ricchezza.

In ambito finanziario il divieto di gharar ha ostacolato molto la diffusione dei contratti derivati islamici, in quanto facilmente interpretabili come “scommessa finanziaria”. In questo contesto solo recentemente la dottrina islamica ha riconosciuto l’ammissibilità di alcuni tipi di futures, ponendo l’accento sulla loro funzione di copertura del rischio commerciale.