Previsioni di sviluppo in Italia della finanza islamica

Un trentennio di crescita del fenomeno dell’Islamic finance ha prodotto risultati impressionanti. Questo settore del mercato finanziario si stima essere strutturato su oltre 270 istituti bancari, ha una capitalizzazione superiore a 13 miliardi di dollari, investimenti per oltre 400 miliardi, depositi nelle banche islamiche per 205 miliardi. I fondi azionari sono oltre 120 per un patrimonio gestito di quasi 4 miliardi di dollari e non bisogna dimenticare che gran parte dei fondi sovrani fa riferimento alla Sharia e che nel Giugno 2000 venne lanciato il Dow Jones Islamic Fund, che raccoglie imprese operanti in concordanza con la Shariah e quotate sul Dow Jones Global Equity. Da quando sono nate, le banche islamiche sono cresciute a un tasso annuo del 15 per cento, e il loro giro d’affari attuale è pari all’1 per cento del mercato finanziario globale. Le stime disponibili parlano di risorse pari a circa 750 miliardi di dollari, ma secondo le previsioni alla fine del 2015 queste potranno arrivare fino a 2.800 miliardi. Anche i Sukuk, le obbligazioni islamiche, hanno conosciuto un grande sviluppo. Basti pensare che solo 2007 le emissioni di titoli conformi alle leggi coraniche hanno superato i 30 miliardi di dollari. Secondo una stima di Forbes risalente ad aprile 2008 in base alle regole della Sharia e della finanza islamica sarebbero gestiti capitali per almeno 500 miliardi di dollari: una fetta assai ridotta della finanza mondiale, ma in crescita del 10% l’anno e che è prevista ancora in forte ascesa nell’immediato futuro con un tasso di crescita calcolato tra il 10% ed il 20% l’anno nei prossimi 10 anni. Mano a mano che vengono fugate le preoccupazioni di carattere operativo e di sostenibilià nel lungo periodo di un tipo di attività che si basa su concetti completamente differenti da quelli convenzionalmente utilizzati, investire nella finanza islamica diventa un’opportunità sempre piú difficile da non prendere in considerazione.

In molti Paesi europei le banche hanno allestito una “finestra islamica”. Esempi all’avanguardia sono Citigroup, Deutsche Bank, HSBC, ed altri, che hanno al proprio interno divisioni specializzate in finanza islamica, e sono altresí presenti in quei paesi dove questo tipo di business trova le maggiori applicazioni. Un investimento da parte di istituzioni occidentali in paesi dove la diffusione dell’Islamic banking è maggiore deve essere visto anche nell’ottica dell’acquisizione di know-how, rispendibile poi nel breve termine nei mercati domestici che saranno protagonisti del fenomeno.

Lo sviluppo in Italia è ancora in fase embrionale, sia per via di una base di popolazione islamica non imponente come in altri paesi europei, sia per via di una sottovalutazione del fenomeno da parte de gli istituti di maggiori dimensioni. Comunque, i circa 700.000 musulmani in Italia formano una comunità in crescita e sempre piú attiva in ambito economico, che richiederà presto servizi finanziari inlinea con le rispettive credenze religiose. Compito delle banche italiane è quello di fornirsi con elementi culturali ed operativi che permettano rapidi adeguamenti alle mutevoli condizioni del mercato.